Lettera V: Verità di Stefania e Vento di Giuseppe

 

LABORATORIO DI SCRITTURA – LETTERA V

VERITA’

Autrice: Stefania BAMBACE

Data: 06 Giugno 2024


E che cos‘é, la Verità? “. Questa la disperata domanda di Pilato a Cristo, in uno dei dialoghi più intensi e drammatici della storia dell’umanità, prima di una condanna a morte che il procuratore tenta strenuamente di non dover ordinare. Gesù, però, non risponde più. A parlare é il suo silenzio. Del resto l‘aveva già affermato: “IO sono la Via, la Verità, la Vita" dove la verità é posta in mezzo, trait d‘union tra il cammino da intraprendere e la meta da raggiungere. Via, verità, vita:

Incominciano tutte con la V, come pure Vangelo. Almeno in italiano. Anche per chi ha il dono della Fede, tuttavia, non sempre questa equazione é così semplice, forse perché siamo noi a renderla complicata. Siamo creature, facciamo fatica. Inoltre nei secoli il messaggio evangelico é stato appesantito da orpelli utili solo ai detentori del potere ecclesiale, facendone un manuale settario e dogmatico di rigide convenzioni moralistiche e che ne ha stravolto la bellezza, recuperata ogni tanto in modo provvidenziale (é proprio il caso di dirlo) da qualche Santo che lo ha riportato alla sua originaria essenzialità. La verità, dunque. Un‘umanissima ossessione. La mia sicuramente. Non so se la mia passione per la filosofia e per la letteratura abbia origine da questa mia personale ricerca del vero o se, viceversa, sia stato proprio lo studio di queste discipline ad infiammare il mio desiderio di indagine. La verità era ed é un concetto che mi sfuggiva, non sapevo definirlo o delimitarlo ed i miei sforzi sfociavano in esiti deliziosamente elusivi.  La verità umana é sempre relativa. La storia della filosofia ci insegna che ogni teoria filosofica é stata contraddetta, superata o migliorata da una teoria successiva. Un processo infinito. 

Trovo curioso che la parola VERITÀ incominci con la lettera V, una lettera che, pronunciandola, produce un suono vibrato, poco netto. Nella sua trascrizione una lettera dalla forma biforcuta, che sembra aprirsi ad un bivio. La ricerca della vera Stefania, la mia ricerca primaria, si é ripetutamente trovata dinanzi a questo bivio. Nel corso della mia esistenza ho scelto svariate volte il percorso sbagliato, nella piena convinzione di trovarmi sul giusto cammino verso la verità di me stessa. Per poi scoprire, dopo un bel tratto di strada, di aver incrociato e nutrito solamente il mio falso sé, quello della mia immaginazione. Nella convinzione di mostrare il mio io autentico mettevo in scena inconsapevolmente un grande spettacolo teatrale di cui ero allo stesso tempo regista, attrice e spettatrice pagante.  So di non essere sola in questa impresa. Certo, c’é anche chi recita sapendo di recitare, chi sceglie deliberatamente la biforcazione che allontana dalla verità, prediligendo la via della menzogna vestita con gli abiti della verità, come narra un‘antica leggenda. (Tenterò di raccontarla brevemente. Dopo aver fatto insieme il bagno nel fiume, la Menzogna rubò i vestiti alla Verità la quale, rimasta nuda, non poté più permettersi di andare in giro per il mondo e restò, piena di vergogna, nascosta in un pozzo. Da allora, la Menzogna gira per il mondo vestita come la Verità.

Per il mondo é meglio una menzogna ben vestita che una nuda verità). Insomma, l‘errare dal vero può anche essere una libera decisione.  Ogni nicchia della società é inondata da portatori di menzogne travestiti. Il problema si complica quando ci troviamo a fronteggiare la frammentazione della verità. Come molti di noi anch‘io mi sono illusa, nonostante lo studio accurato del pensiero pirandelliano, che la verità fosse un’entità visibile e riconoscibile negli esseri umani. Ma quale verità? Quale delle tante? Quella lettera V biforcuta é più di un bivio, apre a molteplici strade e porzioni di verità ma non porta mai alla verità tutta intera. 

Una V che sta per VARIANTI di verità. A volte sono anche buone indicazioni ma un‘indicazione é un cartello che indica la meta, non é la meta. Non siamo integri, anche quando ci convinciamo di esserlo. Mi sono confrontata, a volte proprio scontrata, con la labile verità dei miei compagni di viaggio, non solo con la mia personale. Ognuno esponente della sua verità che diventa una VERSIONE (altra parola originata dalla V biforcuta) di verità. Più o meno probabile in base alle singole capacità argomentative o performative. Efficacissime soprattutto nella narrazione offerta a sé stessi. Negli anni la mia affannosa ricerca si é trasformata non dico in scetticismo ma in una sorta di presa di coscienza.

La Verità, con la maiuscola, é un concetto troppo vasto per la nostra piccola umanità. Tuttavia l‘autenticità resta un obbiettivo alla nostra portata. Perseguirlo ritengo sia fondamentale nel nostro percorso di crescita personale ed io non intendo rinunciarvi. La mia parte romantica (a proposito di frammentazioni) crede fermamente nelle relazioni umane e nel loro potere salvifico. Sono convinta che é solo attraverso e grazie alle relazioni che possiamo scoprirci vicendevolmente, se lo vogliamo. Il confronto con gli altri o meglio la loro frequentazione ci consente di attingere con una maggiore soglia di attenzione alle nostre verità più nascoste e più profonde. Sbugiardarci in modo necessario, pur nel segreto delle nostre indagini individuali. Ed insieme crescere. Provo invece un certo ribrezzo, lo ammetto, una specie di allergia nei confronti di chi si ritiene detentore della verità assoluta. Delle persone che non reggono un contraddittorio. Rifiuto categoricamente i proclami, i populismi, la demagogia, gli slogan, i toni arroganti del potere che confonde il voler avere ragione ed imporre la propria ragione con la verità da diffondere e cospargere come un fertilizzante. Brutti segni del mondo contemporaneo… La Verità, quella tutta intera, non si ha e forse non si dice nemmeno, sarà sempre solo una parte o solo un‘impressione soggettiva. LA Verità É. Forse una dimensione DAVVERO solo divina.


Data: 06-06-2024

Autore: Giuseppe BAMBACE

CORSO DI SCRITTURA – LETTERA V


VENTO

Come definire il vento, catturarne l’essenza in un aggettivo, racchiuderlo in un aforisma? Non tenterò l’impresa, invece ne percorrerò l’afflato che ne accompagna le stagioni della vita, narrate con sensibilità ed ironia in un grande film di qualche tempo fa.

La grande mareggiata da sud, estate 1962. Dei tempi passati ricordo un vento che soffiava attraverso i canyons. Era un vento caldo chiamato Santana che portava con sé il profumo di terre tropicali.

Lo scirocco d’estate è il simbolo di eccessi, che avvolgono e lasciano senza forze, di trasgressione a volte, di spensieratezza sempre, o semplicemente di ozio, nella certezza che ogni alba sarebbe stata il prologo di un’altra grande giornata. È l’incoscienza, tipico privilegio della gioventù, quando l’unico tempo è ora ed il futuro è un pensiero remoto.

La grande mareggiata da ovest, autunno 1965. Le estati passavano rapidamente…e spesso non lasciavano traccia. Era l’epoca delle ultime mareggiate che segnavano il cambio di stagione. Ed era il momento che spesso ci trovava soli. Il libeccio preannuncia l’arrivo delle perturbazioni dell’età responsabile, che rimprovera l’ingenuità giovanile, ed affretta i battiti cardiaci per soddisfare l’ascesa professionale, la spasmodica ricerca di relazioni pubbliche, condite da taglieri e spritz, condivisi con rubriche telefoniche affollate di contatti sconosciuti ma che potrebbero rivelarsi utili. Una micro galassia che viaggia a grande velocità nel cosmo, a distanza siderale da altre galassie.

La grande mareggiata da nord inverno 1968. Fu una burrasca poderosa che spazzò la costa nel cuore dell’inverno. Dal largo veniva un vento teso che polverizzava la cresta delle onde. Ma ora tutto sembrava appartenere al passato. La tramontana è diretta, non ammette compromessi, sferza l’aria in modo brutalmente sincero.

Come i bilanci dell’età matura, quando la frenesia si placa e si riescono a mettere a fuoco i dettagli intorno e dentro di noi. È il momento più rischioso di indulgere nei ricordi, galleggiando confortevolmente nel rimpianto. Ma per chi alimenta la speranza è il tempo che richiede ordine, un forte richiamo a sfoltire la rubrica telefonica, contando gli amici rimasti, dedicare il tempo alle persone con le quali contaminarsi di energia positiva, alle attività che ricercano la bellezza dopo gli affanni della stagione rumorosa. Si lucidano gli insegnamenti dell’infanzia, liberando orpelli e zavorre al vento.

La gigantesca mareggiata della primavera del 1974. Da dove verrà il vento? Dicono che sia il respiro di Dio. Chi da veramente forma alle nuvole? Cos’è che causa questo gigantesco perturbamento di masse d’acqua? Dove ha origine? Questo era il gran giorno. L’avevamo aspettato tanto. Non conosco questa stagione, ma immagino che lo Zefiro che spira in primavera suggerisca quesiti e dubbi, ma offra anche consapevolezza e lucidità di vivere il riscatto che tanto si era anelato nella vita, la rivelazione dell’essenza, la scoperta della pietra filosofale, che Bob Dylan aveva così poeticamente profetizzato, la risposta amico mio, soffia nel vento.

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