Carmela: Erranza e Umore
Erranza
Autrice: Carmela Como
Ad un certo punto della vita, se ti guardi indietro, ti viene naturale riordinare, quasi che fossi finita nella cantina, mettere ordine.
È un ordine solo mentale di collegamento tra le cose accadute e vissute.
Così ti illudi di dare senso a quello che hai fatto.
Era talmente disordinata la mia vita, che il mio bisogno di ordine era sempre più pressante.
Mi sembrava di vivere in una condizione di tribù nomade!
Un errare senza bussola, e senza mai uscire dai confini paesani, il cui limes si allarga o si restringe su un raggio di appena 100 km.
C’era da raggiungere la città dove lavori, il paese dove è nata la mamma, il paesino della nonna, la casa al mare, e il ritrovo in campagna.
Si era perfettamente in linea con le consuetudini del pensare comune, e dell'agire comune. Così fan tutti!
Ma questo ordine di sequenze, vai di qua vai di là, non era che un vagabondare senza senso. Almeno così mi sembrava.
Però di positivo c'era che l'esercizio del piano di azione degli spostamenti compensava Il tedio di quel vivere.
Ma la vita per quanto si cerchi di imbrigliarla in schemi definiti, si sottrae e vola libera.
E così “il tempo sospeso". Uno stop all’erranza.
Ma se ti fermi “di botto"; e cambia lo scenario, è un problema.
I confini che noi creiamo come fortini a difesa attorno a noi, che poi non sono altro che le “cose", le abitudini, il lavoro, le amicizie gli affetti, e potrei continuare, lasciano il posto all' avventura - ad Ventura - cioè alle cose che accadranno.
E si apre la via a quell'erranza, a quell’andare, ora però, di necessità.
Il re è nudo! Niente di ciò che era, sarà.
E, meravigliosamente, andar per luoghi diventa veramente un'avventura.
Umore
Autrice: Carmela Como
Nel parco, lontani dai rumori della città, trovo momenti di equilibrio che fanno da argine agli sbalzi di umore e il pensiero si annulla nella sinfonia della natura.
Lo stato dei sensi ora confusi, arrabbiati, rattristati, stanchi dell'orrore del mondo, prende forma di cielo azzurro intenso, di foglie variopinte, di rami fluttuanti nell'universo.
I suoni tessono corde di musica ancestrale e il tempo del giorno si allontana, si perde, sparisce nell'ondulante fruscio della natura.
Quando si oltrepassa il cancello del parco, un misto di suoni e voci, ovattato accompagna il percorso lungo il viale, dai lineamenti variegati e dalle traiettorie intrecciate, contenente un microcosmo riconoscibile di figure, animazioni, quadretti in contemplazioni, conversazioni, meditazioni e in cui si consumano rituali condivisi.
Nell’incedere a volte lento e altre più spedito, l'occhio, stanco di ambienti di lavoro circoscritti e asfissianti, si posa su ogni frazione di spazio, alberi in fila, panchine, slarghi a mo’ di laghetti, roseti e ogni arbusto fiorito, giovani, bimbi, mamme, e ne ridefinisce il tutto in un armonico gioco.
La panchina ti offre la conversazione solitaria o occasionale come quando intercetti il malumore di qualche anziana che rimbrotta con i padroni che tolgono il guinzaglio al loro cane. “Incivili, maleducati… “, se si ha voglia si può pure prendere le difese dei malcapitati. Ma no, la promiscuità no. Sarà però la paura inconfessata, non è razzismo, che muove lo sproloquio dell’anziana signora.
Ti sembra ad un certo punto di scorgere un pittore, che attirato dallo spazio di contrasto tra il verde del prato e la tovaglia bianca, getta pennellate sulla tela di figure consumanti la colazione. “Le Dejeuner sur l'herbe". Non un Monet della colazione sull'erba, dietro la tela, ma giovani urbanizzati che si auto immortalano con un click.
Individui solitari, isolatisi volutamente dalle cuffie, esercitano muscoli e caviglie su un tappeto di erba o terra battuta che momentaneamente ha lasciato il tapis roulant.
Gli anziani, se maschi, conversano di sport, mestieri e mogli insopportabili con la loro manie di ordine e pulizie; se donne allora è un’altra questione. Cucina, vestiti, nipoti, e anche per loro, fastidiosi mariti in continenti, indisciplinati, boriosi e via così.
Ma il parco dà il meglio di sé laddove piccoli nanetti, goffi, scorrazzanti ad inseguire i cani lasciati liberi dal guinzaglio, farfugliano indispettiti, tirano la coda al povero malcapitato e gridano: Voglio, voglio …!
Solidarizziamo con le mamme e i papà ma non tolleriamo la loro distrazione quando compulsivamente, chattano. Dimentichi però che noi, da giovani genitori, i figli li tenevamo in cortile o in strada a giocare.
La quotidianità del parco con i suoi rituali e abitudini dei viandanti affezionati, nei suoi giorni festivi, esplode in una sagra paesana. Nei punti di ristoro le povere salsicce sfrigolano sul barbecue, mentre il fumo sale alto a formare nuvole di ricordi di esperienze già vissute. Altro profumo ma, sempre di Madeleine.
Il parco brilla in un microcosmo unico in cui respira l'umanità innocente. E si torna a cercare quello spazio dove tutto esiste aldilà del fine, in un rimando di tempo dove infanzia, adolescenza, vecchiaia, si confondono E forse in attimi precisi che noi oltrepassiamo la dimensione dello spazio-tempo.
E, sinfonia di umori tra cielo, nuvole, soffio della natura si consuma in perenne necessità.