Lettera U Stefania - Giuseppe - Carla - Celo

 LABORATORIO DI SCRITTURA – LETTERA U2
Autrice: Stefania BAMBACE

UOMO DOVE SEI?

Data: 4 Aprile 2024
Uomo: due sole sillabe per un oceano vastissimo di richiami. Dove sei, uomo? Ti cerco da tutta la vita, come una moderna Diogene dalla lampada sempre accesa, e nel mio vagare
perdo l‘oggetto della mia ricerca. 
Chi è l‘uomo che voglio trovare? 
Der Mensch oder der Mann? 
In tedesco, la mia lingua di adozione, il bivio è così nettamente delineato.  Da una parte l‘uomo, membro della famiglia umana, dall‘altra l‘uomo, il maschio. In italiano l‘assimilazione tra l‘essere umano e l‘essere maschile infittisce la nebulosa. Pirandello lasciava gridare ad uno dei suoi personaggi che la tragedia è tutta qui, nelle parole! 
E se ciò è vero si comprende quanto impattante sia l‘ambiguità della parola italiana in una creatura persa nella sua confusione.
Dove sei, uomo? La certezza infantile era resa salda dal crescere in una famiglia patriarcale, nel senso etimologico del termine. 
Oggi si confonde facilmente il patriarcato con il più becero, violento, retrogrado maschilismo.  Il patriarca in origine era il custode, il protettore della famiglia che si assumeva il maggior numero di responsabilità e conseguentemente acquisiva maggiore autorevolezza (non autorità!). 
Un concetto che sa di antiquariato e di libri fascinosamente ammuffiti. Io crescevo in un ambiente protetto. La madre era una figura altrettanto forte che si muoveva agevolmente e con indipendenza in quell‘ambiente. 
Crescevo tra i maschi e ne assimilavo i modi, gli interessi ed i pensieri. Anch‘io mi muovevo agevolmente in quell‘ambiente. L‘adolescenza ha sgretolato le certezze. Esiste per questo, l‘adolescenza. 
Rivendicavo la mia femminilità alzando i gomiti ma ero straniera nelle comunità femminili di cui non conoscevo i modi, gli interessi ed i pensieri. 
Ho imbracciato la mia lampada, forte del mio essere donna, ed ho intrapreso il cammino. 
Uomo, dove sei?  Ci sono percorsi in cui perfino il moderno navigatore satellitare è completamente inutile e bisogna saper interpretare le indicazioni sparse qua e là. I segnali. Andare più giù oltre la definizione di uomo essere maschile ed abbracciare l‘uomo essere umano, il Mensch. La perfetta alchimia di maschile e di femminile che è insita in ciascuno di noi e che, se riconosciuta ed integrata, potrebbe renderci esseri umani bellissimi. Mi guardo attorno, seguo i notiziari, mi risveglio dalla mia utopia. 
Uomo, dove sei? Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo? Mi sovvengono questi mirabili versi del grande Quasimodo. Ma se i grandi poeti di allora, dinanzi a
quell‘orrore mondiale, avevano appeso le loro cetre alle fronde dei salici e supplicavano di “non chiedere loro la parola che squadri da ogni lato l‘animo nostro informe”, cosa potrà
mai scrivere ora una comune mortale senza cadere nella retorica e nella banalità? 
Resto, seduta, attonita dinanzi a tanta fame di guerra, a tanta sete di sangue, osservo in ogni ambito l‘uomo contro l‘uomo e con la mia lampada sempre più fioca mi chiedo: Dove sei,
uomo? Ancora una pagina letteraria mi torna alla mente, è ancora Pirandello, in una delle sue novelle. Lo sfondo è quello di una sagra di paese in occasione di una festa religiosa
che diventa prima una mattanza di maiali, il cui sangue ha un effetto di eccitazione sulla folla, in seguito, a tarda sera, si conclude con una processione sgangherata di uomini e
donne storditi dai fumi dell‘alcool e dalla violenza del sacrificio, tragicamente ed ironicamente dietro l‘icona del Cristo sofferente.
All‘ombra di un fico due maiali sopravvissuti al macello, seguono con lo sguardo la folle processione e sembrano dirsi: “ecco, fratello, vedi? E poi dicono che i porci siamo noi”. Sei
dunque questo, uomo? É questa la tua umanità? Umano è quell’ uomo vestito di bianco, che con voce sempre più affaticata dal dolore grida supplicante che cessi questa follia, e a me sembra l‘eco di un Dio sofferente, che piange nel vedere come il suo amato genere umano stia distruggendo la creazione. 
Dove sei, uomo, quando uccidi animali, piante, mari e con il tuo delirio di possesso sopprimi i tuoi simili più fragili ed indifesi? Persino nella cerchia ristretta della tua famiglia, persino contro chi sostieni di amare, tu, mostro egoico bisognoso di conferme, di compiacimento, di potere. 
Uomo, dove sei? Sempre meno filosofo, sempre meno politico. Dove posso ritrovarti? Tra gli uomini, non tra i caporali, gli esseri tiranni invasati dalla bramosia. (Questa volta cito Totò). Tra gli uomini capaci di rendere più umano il disumano che accade intorno a noi. Tra gli uomini dai grandi gesti invisibili. Tra gli uomini che ci hanno lasciato l‘arte, la musica, la letteratura. Tra gli uomini capaci di amare. Tra gli uomini che con il loro sorriso, un gesto gentile, una parola di
freschezza allietano i miei momenti e riempiono i miei spazi. Anche adesso, ora.
“Quegli altri - ultima citazione dell‘immenso Giorgio Gaber- non li capisco, non mi sembrano uguali".

Giuseppe BAMBACE
LABORATORIO DI SCRITTURA – LETTERA U2

UFFA

UFFA è stata sorteggiata la lettera U. Ed eccomi di fronte allo schermo vuoto, cercando l’idea, che possa innescare la scintilla per un racconto presentabile.
Annoto i sostantivi, selezionati diligentemente in ordine alfabetico scorrendo il mio fedele ZINGARELLI, che possano offrire l’ispirazione del tema.
Ma le parole che ne scaturiscono son gravide di pensieri esistenziali, che si espandono, si ritorcono. Parafrasando Fernando Pessoa, ad ogni idea si interpongono nuovi pensieri,
imprescindibili associazioni di idee, che hanno come termine l’infinito. UFFA, che barba che noia! Potrei scegliere UFO, ma la narrazione si potrebbe esaurire nella poetica
sintesi della canzone di Eugenio Finardi
Extraterrestre, portami via
Voglio una stella che sia tutta mia
Extraterrestre, vienimi a pigliare
Voglio un pianeta su cui ricominciare
Meglio ULIVO, la mente scorre spontaneamente alla visione del giardino dei getsemani all’imminenza della passione, visione ancora attualissima nella terra santa martoriata dalla guerra.
Oppure alla visione più profana offerta dal commissario Montalbano, che trova la pace dell’animo seduto sui rami di un ulivo saraceno, nelle sue pause di meditazione investigativa, ed al dolore lancinante che lo sconvolge quando scopre che il suo silenzioso amico è stato abbattuto, per costruire un villino, che devasta in preda ad una rabbia incontrollabile.
No, troppo emotivo soprattutto in questo periodo di attacco ignobile al verde urbano da parte delle amministrazioni e della svolta autoritaristica del potere esecutivo, sul modello del Marchese del Grillo.
Forse scelgo UMILE o ULTIMO ma temo di ricadere nel privato, perché la narrazione correrebbe inevitabilmente ai miei slanci adolescenziali nei confronti del messaggio di Chiara e Francesco.
Bello UNIVERSO, però sarei sopraffatto dalla vastità dell’argomento e dovrei arrendermi alla consapevolezza che l’uomo tecnologico non sa ricambiare l’ospitalità di una pallina minuscola che viaggia nel buio dell’infinito, avvolta in una sottile pellicola che gli consente il miracolo della vita.
Perché non UNO? Troppo filosofico, dai grandi pensatori dell’antica Grecia fino a Hegel la simbologia dell’unità e della molteplicità, il punto centrale contenuto in un cerchio, uno come motore immobile che consente il passaggio dalla potenza all’atto.
Allora ULTIMO, ma penso che una dotta dissertazione sull’etimologia di ultimo come oltre, valore superlativo oppure sul suo significato di il più remoto, sommo, fondamentale, potrebbe alla fine scivolare verso la facile ironia del detto “Beati gli ultimi se i primi sono onesti”.
Ecco forse potrei riprendere il progetto del viaggio a URUMQI lungo una delle rotte della via della seta, ovvero il viaggio sospeso, rimasto nell’immaginario a causa di una convocazione urgente in ufficio, per una riunione operativa risoltasi con le solite discussioni stantie e la tipica inconcludenza di coloro che definisco TROP Managers.
Rimane l’itinerario concordato con l’agenzia di viaggio cinese a cui mi ero rivolto, che descrive un percorso ambizioso di oltre 5.000 km in 10 giorni, che dalla pianura centrale di Luoyang, attraverso le montagne fiammeggianti, il deserto di Taklimakan, conduceva a URUMQI nella terra dell’etnia Uiguri per terminare nei mercati coloratissimi della città di Kashgar, vicino al confine con Tagikistan e Pakistan, utilizzando mezzi di trasporto multipli compreso un tratto a dorso di cammello, sempre accompagnati da un interprete nella versione ufficiale, funzionario di polizia nella realtà.
Mah, testimonianza solo virtuale, vuota delle immagini da evocare, delle sensazioni uniche che le guide su cui sono ancora evidenziati i punti di interesse non possono esprimere.
Resto sul pratico, provo con USA E GETTA, ma l’accento ecologico di cui sarebbe permeato il racconto avrebbe una deriva inesorabilmente esistenzialista, con accezioni sociologiche e considerazioni stucchevoli sugli attuali equilibri geopolitici.
UFFA, quante parole importanti, quale moltitudine di temi impegnativi; non riuscirei proprio ad esporli compiutamente in un racconto breve.
Forse la sintesi migliore in cui condensare tutti questi spunti è nella parola UMANESIMO, un fresco racconto intriso di speranza accorata, che possa essere declinato con la rinascita delle arti, che faccia arretrare la diffusione della volgarità; la ricerca del bello in contrapposizione all’oscurità
del tempo presente; la difesa e conservazione della natura contro la mercificazione imperante, degli alberi e di tutti gli esseri viventi che sono parte integrante della nostra esistenza; la condivisione del pensiero sui grandi temi della vita, che zittisca l’enfasi mediatica sulle differenze.
Insomma la traccia di un sentiero spesso scosceso, ma che offrirebbe all’UOMO una pace duratura.
UFFA, volto le ultime pagine della lettera U e provo un sussulto al cuore alla parola conclusiva UTOPIA. D’accordo, allora qual è l’antidoto? 
Basta UFFA, io non voglio smettere di sperare.

L’UOMO E L’UCCELLINO

Autrice: Carla
Fermo sull’angolo della via un uomo un po’ avanti negli anni guardava un punto sul marciapiede. 
Rallentai il passo – vado sempre di fretta – e seguii il suo sguardo. 
A terra, un uccellino coricato e quasi immobile, con piccoli battiti delle ali tremanti, stava cercando di trattenere la vita.
L’uomo sembrava commosso, forse addolorato, e teneva le braccia dietro la schiena ed il busto chinato in avanti. Un’ombra di tristezza velò il suo volto antico quando si accorse che l’uccellino ai suoi piedi, forse precipitato da un albero del viale, stava morendo.
Mi fermai allora a qualche passo dall’uomo. Avrei voluto con infinita tenerezza andargli più vicino, sfiorargli un braccio e fargli capire che condividevo la sua pena. 
Ma c’era qualcosa in lui che non invitava alla condivisione e sembrava isolarlo.
Ora l’uomo sorrideva a quell’esserino inerme, come sapesse gradita la sua presenza, anche se quella creatura cercava solo di trovare le forze per restar viva e tornare a volare.
L’uomo non distoglieva però lo sguardo dall’uccellino morente, ed io ho avuto la netta sensazione che davanti ai suoi occhi stessero scorrendo altre immagini, altre sofferenze: forse tutte quelle che aveva patito nella vita.
Quest’uomo, incurante dei passanti, si era fermato per un atto di compassione, senza proseguire il suo cammino, senza voltare la testa da un’altra parte. 
E a modo suo ha cercato di portare conforto a un essere morente, per non farlo sentir solo, a dirgli: ti faccio io la guardia, ti proteggerò fino all’ultimo.
Ho osservato bene quell’uomo ed ho avuto la certezza che durante la sua esistenza egli non abbia mai girato la testa dall’altra parte. 
E men che meno di fronte alla sofferenza di un essere vivente steso sul marciapiede di una città così distratta.


Unicorno 

Autrice: Celo

Due settimane fa ho raccontato ai miei alunni che partecipo a un gruppo di scrittura e che scriviamo a partire da una lettera dell’alfabeto e che questa volta era la U, ho chiesto loro di indicarmi qualche parola, Giulio ha alzato la mano per primo e mi ha suggerito Unicorno, l’ho ringraziato meravigliata ma soprattutto incredula per essermi cacciata in questo guaio, scrivere sull’unicorno!

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata "La canzone dell’unicorno" di Tristam, uscita a febbraio del 2016 e che i miei alunni di allora cantavano e mimavano in continuazione, tanto che avevo dovuto impararla per cantarla con loro, una canzone con un messaggio demenziale, con citazione di parole inventate Ciccio Pallo e sconosciute parabeni, tanto che il tablet mi corregge mentre le scrivo.

La seconda cosa è una sposa che al suo matrimonio in una villa con piscina aveva voluto un enorme unicorno galleggiante per fare foto ricordo, per soddisfare un desiderio da bambina.

Non mi veniva proprio niente da scrivere se non richiami a una certa superficialità che non mi appartiene, quando ho ricevuto un regalo da mia nuora che è estone, una T-shirt in cotone, confezionata in una scatola di cartone leggero molto eco-frendly, la giro e sul retro con altre informazioni promozionali dell’Estonia trovo "Future awaits! Estonia has most “unicorn” startups pro capite in the world."... e mi si è aperto un mondo.

Le società Unicorno che cosa e quali sono?

Sono quelle che raggiungono 1 miliardo di dollari senza essere quotate in borsa, hanno meno di 10 anni, in cui le tecnologie sono fondamentali, mettono il cliente sempre in primo piano piuttosto che il prodotto, hanno un’espansione globale e rapida e un team ampio con profili professionali eterogenei capaci di produrre idee vincenti.

Qualche nome Satispay, Uber, Airbnb, Epic Games(Fortnite) le più conosciute, sono al 23% aziende che forniscono software internet, al 14% commercio elettronico, all’11% tecnologia finanziaria. Nel passato lo sono state Google e Facebook.

Nello specifico estone c’è la Starship Technologies che sviluppa veicoli per consegne autonome, cioè logistica robotica, ad esempio un robot di Starship consegna cibo agli studenti nei campus americani.

Aziende in cui un sogno diventa una realtà, che propongono attività geniali, uniche ed eteree, per alcuni il frutto dello sviluppo tecnologico per altri una spia di una possibile bolla economica.

Ritornando all'Estonia, mi auguro che non ritorni ad essere un unicorno, ossia uno stato immaginario, visto il vicino ingombrante e i corsi e ricorsi storici.

Per quanto mi riguarda non mi resta che spiegare tutto questo ai miei alunni.


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