Lettera R di Gabriella : Ricordi...Quelli che rimangono

Ricordi di bambina, ricordi dei miei vicini di casa, ricordi di foto, ricordi di un territorio che si stava espandendo.

Abito nelle case “INA “ tra corso Sebastopoli e via Castelgomberto e ci sono arrivata appena nata!

Mi dicevano che prima Torino finiva in via Gorizia, poi erano tutti prati, campi, orti.

I miei vicini mi raccontavano che nei primi tempi di notte si sentiva la civetta, fino a quando non hanno abbattuto alcuni alberi secolari.

Nelle sere d'estate si sentiva un concerto di grilli e si vedevano lampi di luce nei prati e nelle aiuole sotto casa: erano le lucciole!

Intorno alle case c'erano tanti orticelli privati con casette di legno e li vicino passavano due importanti bealere, che ancora oggi scorrono interrate e che servivano ad irrigare i numerosi campi ed orti. Tra una bealera e l'altra, c'era una striscia di terreno con tre splendidi alberi: erano grandissimi. Da alcuni anni di questi alberi ne è rimasto uno, si erge maestoso, guardando dalla via Castelgomberto fa ombra sulla bocciofila; ogni volta che passo alzo lo sguardo per ammirarlo: è il più alto della zona e lo chiamo con orgoglio “il mio albero”, perché mi ha vista bambina!

Corso Siracusa era una strada a due corsie (ora i controviali), il viale centrale era tutta erba alta, fino a corso Sebastopoli per poi perdersi fra prati, ruscelli, orti. Si vedeva gente raccogliere l'insalata nei prati, cicoria, girasoli … per mangiarla.

Nel prato davanti casa una bella signora fiera dei suoi animali, dalla cascina Ricaldone portava le mucche al pascolo: erano circa una sessantina e c’era anche un toro. Molti andavano a comprare da lei quel buon latte che veniva prodotto. Dietro casa, solo due grosse cave di ghiaia e poi c'era Città Giardino. In via Veglia c'era la caserma e prati dove si potevano incontrare greggi di pecore. 

Dove oggi c'è la scuola elementare Sclarandi c'era un prato che quando nevicava era la gioia di noi bambini che ci andavano a giocare a tirare palle di neve.

Non tutti avevano il telefono.

Per telefonare si doveva andare al telefono pubblico di Città Giardino; oggi è a due passi, ma a quei tempi si dovevano attraversare prati, orti, le cave di ghiaia ai lati di corso Sebastopoli.

Non c'erano negozi. Si andava a comprare a Città Giardino, dove c'era una macelleria, un tabaccaio in cui si trovava un po' di tutto, dalle pentole ai fiammiferi e si potevano prenotare le medicine.

C'era una panetteria: il panettiere, tutte le mattine, con il pane nella cesta della bici riforniva le nostre case.

Non c'erano scuole.

Mi raccontavano che per far giungere i bambini in età scolare alla scuola elementare “Mazzini“ di Santa Rita, alcune mamme si erano organizzate dividendosi la spesa di un taxi, e tutte le mattine più di dieci bambini salivano sopra questo taxi per essere portati a scuola. Quando qualcuno era assente, ovviamente non pagava; era come un abbonamento settimanale.

Ora comprendiamo le espressioni di chi ricorda quei tempi:

“ Abitate proprio in mezzo ai lupi! “,

“ C'eravamo solo noi, le cave, gli orti

“ Vivevamo isolati, in campagna”.


NASCE UN NUOVO QUARTIERE

Con il completamento del quartiere cominciano ad arrivare giovani coppie e famiglie: il cortile si popola di una miriade di bambini, tra cui c’ero anch’io.

Le mamme portavano noi piccoli a giocare presso la “rotonda dietro la schiera“. Non essendoci ancora le panchine, loro si portavano le sedie e chiacchieravano fra di loro ricamando o sferruzzando.

In seguito, più grandini, scendevamo in cortile da soli. Sento ancora il vociare festoso di noi bambini, le corse, spesso e volentieri i bisticci, i lanci e rimbalzi della palla per i vari giochi sotto il portico, fino a “consumare il marmo”.

Giochi in libertà anche nei prati vicini: a raccogliere l'erba, a cacciare insetti … su per la montagnola, attraverso gli orticelli, giù nella cava di ghiaia dentro gli scatoloni di cartone che alcuni di noi andavano a chiedere che il droghiere ci tenesse da parte.

Davanti c'era un campo di grano. Visto che noi bambini andavamo a giocarci sopra rovinandone la crescita, il proprietario aveva rinunciato a coltivarlo, lasciandolo a prato per i nostri giochi a palla. Con le amiche d'infanzia ricordiamo ancora oggi i giochi di allora; scendevamo con la coperta e la merenda, distendevamo la coperta sul prato dietro casa efacevamo il pic-nic.

Nelle sere d'estate, dopo cena, ci ritrovavamo. Mentre i nostri papà giocavano a bocce sulla via Castelgomberto ancora sterrata, noi bambini continuavamo i nostri giochi.

Chiamavamo la bealera "fiumicello" perché aveva un corso d'acqua largo e una forte corrente. Tutti i bambini ci sono caduti dentro, ma ritornavano a casa asciutti perché, per evitare le sgridate delle mamme, andavano a casa di qualche amico per fare asciugare gli abiti con il phon.

Chiamavamo una signora che portava da mangiare ai gatti randagi del quartiere “la signora dei gatti”. Quando al mattino andava a lavorare, tutti i gatti le stavano dietro. Lei gli parlava camminando fino al corso, poi diceva “andè a cà!“ (andate a casa!) e loro tornavano indietro. Abbiamo passato un'infanzia liberi nel giocare all'aria aperta, sia in cortile che nei prati, perché pur essendo in un quartiere di città eravamo immersi nella campagna. Vicino casa si trovava la drogheria, un genere di negozio totalmente scomparso. Un negozio speciale dominato da profumi e colori con un alto bancone in legno, gli scaffali su cui in bella vista si trovavano una serie di barattoli in vetro contenenti caffè, zucchero, pasta, caramelle, spezie … Ricordo che da bambina, arrivando giusto al bancone, ero attratta dalla maestria del droghiere nel confezionare i cartocci per lo zucchero con la tipica carta azzurra. Intanto, nei primi anni ‘60, nasceva quello che poi sarebbe diventato il mercato di via Baltimora. 

Nel cortile delle case, una signora aveva messo per terra due cassette con un asse appoggiato sopra, su cui vendeva del burro. In seguito cominciò ad aggiungere delle forme di formaggio. Vicino, un' altra signora con la stessa modalità si era messa a vendere la verdura: era la nonna di chi ancora oggi ha un banco dello stesso genere in quel mercato.

CONSIDERAZIONI FINALI

Se per noi bambini, il fatto di ritrovarci in cortile così numerosi aveva favorito delle amicizie tanto salde, con un risultato di un'esperienza ricca e unica, altrettanto per i nostri genitori, vi era aggregazione, la possibilità di confronto e di scambi di opinioni. Ci si conosceva tutti e ritrovandosi per strada, oltre al saluto si facevano due chiacchiere. Tutto il quartiere era come una grande famiglia. Ricordo le mezz'ore trascorse dalle mie vicine di casa sul pianerottolo a chiacchierare. Nelle nostre case è rimasta una una dimensione umana, non come quei condomini di oggi dove non ci si conosce affatto e vige l'indifferenza. Una dimensione da paese ormai ai confini della città.

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