Lettera N 12 ottobre 2023 - Stefania, Giuseppe e Celo

 Stefania BAMBACE

Quando mi é stato comunicato che la lettera sorteggiata per dar voce ai nostri elaborati sarebbe stata la N, mi sono ritrovata spaesata. Fino a quel momento non mi ero mai resa conto del grande potere evocativo di questa lettera,

che avvia una quantità impressionante di parole suscettibili di interpretazioni differenti e di grande profondità. Non riuscivo a scegliere sotto quella pioggia torrenziale di parole che, picchiettandomi addosso, rivendicavano tutte la loro uguale importanza. Non riuscivo a trattenerne nessuna. Narrazione, nuvola, no, niente, narciso, necessario, Natale, nutrimento, nonna, notte, non facevo in tempo ad acchiapparne una, ecco che irrompevano cento altre. Navigare, nascere, nodo, nascondere, normale, negativo, ninna-nanna, neurologia, nebbia.....ogni goccia scivolava via e ne arrivava una successiva.

Decisi di mettermi al riparo per asciugarmi da tanta pioggia ed attendere. Finché all’improvviso visualizzai quella stanghetta atta a chiudere, quasi a murare la N ortografica, calarsi in avanti come un ponte levatoio e consentirmi un accesso più pacato all‘immenso campo di parole da lei introdotte. Fra tutte, una mi sembrava un po‘ più rigogliosa e la colsi. La riconobbi subito. Del resto, chi é nato nel mese di Novembre, nebbioso per eccellenza, tempo in cui la luce lascia gradatamente il passo al buio, in quella terra di mezzo tra gli sfavillanti colori autunnali di Ottobre e le luminarie di Dicembre che preludono al Natale, quella terra grigia e vuota di tutto, non può non esserne in qualche modo segnato. Inoltre, non era stata proprio la sua approssimativa traduzione tedesca, la “Sehnsucht“, a spingermi verso un biglietto di sola andata per la Germania? Tra le mani stringevo la parola NOSTALGIA.

La NOSTALGIA é un’entità di difficile collocazione, un’emozione complessa che non può essere circoscritta all’interno di una definizione precisa. Non a caso, é un sentimento strettamente connesso ai palpiti della letteratura. Non solo, potremmo dire che si insinua, perfettamente a suo agio, in ogni forma artistica: il cinema, la musica, la pittura...mi permetto di asserire che il motivo di tanta preponderanza é facilmente individuabile. La nostalgia non si può spiegare e nemmeno narrare, se non in termini metaforici, allusivi, evocativi, propri per l‘appunto del mondo delle arti. Allo stesso tempo, però, la nostalgia é un sentimento nobilissimo che accompagna da sempre l‘umanità, é insito nella nostra condizione di mortali, per utilizzare un‘espressione cara agli antichi greci. Proprio all‘antica Grecia appartiene l‘eroe più avventuriero ma anche il più nostalgico della letteratura, Ulisse, ed il poema che lo celebra, l‘Odissea, é il primo “romanzo in versi“ della storia della letteratura a rendere gloria alla nostalgia ed a conferirle un posto d‘onore nella scala dei sentimenti umani. (cit. Milan Kundera). Del resto, la stessa etimologia della parola ci riporta al greco antico: nostos significa ritorno e algos sofferenza. La nostalgia sarebbe dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.

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Come accennavo in precedenza, é però riduttivo catalogare un sentimento tanto complesso in una definizione univoca. Il dolore del ritorno non é necessariamente legato alla mancanza di un luogo fisico, piuttosto di uno spazio interiore ed un tempo lontani, ascrivibili forse ad un luogo preciso, di cui hanno fatto parte persone, situazioni, oggetti che la memoria gelosamente conserva. In questo gioco ambivalente di seduzione tra gioia e dolore del ricordo, in questo “flirtare“ con il dolore (perdonatemi l‘odiato anglicismo ma rende l‘idea) risiede il fascino di questo sentimento che ci consente di ricordare chi siamo, rendendo così più stabile la nostra identità, le nostre radici, e rafforzando la nostra consapevolezza di appartenere ad un mondo. Tralascio le considerazioni sui “nostalgici“ della politica, sia a destra che a sinistra, quelli sì presenti a livello globale e, per quanto mi riguarda, fonte di inquietudine e preoccupazione, e mi concedo ancora qualche riflessione sull‘importanza della nostalgia nella nostra personale vita emotiva.

Ogni lingua europea utilizza il termine nostalgia con sfumature diverse. Il problema dell‘italiano, a mio avviso, é la contaminazione con parole quali malinconia o rimpianto che invece non sono esattamente suoi sinonimi. La nostalgia diventa così il pretesto per un ricordare lamentoso, fine a sé stesso, circolare. Si crea confusione tra la staticità dell‘ancora ed il dinamismo delle radici. Bisogna avere radici, non ancore. Nostalgia non é rimpianto, si diceva. É ciò che ci permette di restare legati ad un passato significativo senza restarne invischiati. É una forza dinamica, la stessa che spinge Ulisse ad intraprendere, tra mille pericoli, il suo viaggio di ritorno, é la forza propulsiva che gli consente di aver accesso a mondi ed esperienze che diversamente gli sarebbero state precluse, ed é per nostalgia che l‘eroe omerico sceglie di restare mortale, rifiutando la possibilità che gli viene concessa da Calipso di diventare immortale come un dio. Il doloroso viaggio di ritorno verso Itaca é soprattutto un ritorno verso un rinnovato sé stesso. Le radici rassicurano ma spingono anche verso la vita. Provare nostalgia, secondo me, consente di recuperare frammenti importanti del nostro passato, parti di noi e della nostra storia che vogliamo integrare nel presente.

Nella mia metà di vita trascorsa all‘estero é stato quasi inevitabile alimentare quello stato d‘animo nostalgico che mi é sempre appartenuto. Tuttavia mai per tristezza ma come punto di forza, valore identitario, come affermavo in precedenza. Provo nostalgia di tante cose, di momenti, di luoghi e soprattutto di persone. Si tratta, però, sempre di un sentimento agrodolce, il ricordo é commosso ma felice, e l‘accento cade immediatamente sul felice. Lucido il passato, non lascio a lui il potere di sbiadirmi. Rafforzo la mia consapevolezza di essere anche quel passato e provo gratitudine. La nostalgia é stata molto spesso la mia spinta creatrice nell‘ambito del mio lavoro di insegnante o, come amavo definirmi, di testimone della mia terra d‘origine. Una terra fatta di luoghi, certo, ma popolata (come accennavo all‘inizio del mio testo) da suoni, profumi, versi, immagini ed anche gesti che, prima di diventare miei, erano appartenuti a qualche protagonista della mia vicenda personale. Il tutto parte integrante del mio spazio interiore.

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Nel mio nuovo contesto abitativo e lavorativo io ero tutto ciò che c‘era stato prima, trasfigurato ed innestato nelle esperienze del presente. La parola greca nostalgia viene usata molto raramente in lingua tedesca. Si predilige il sostantivo “Sehnsucht“ : “desiderio di ciò che é assente“, dunque non necessariamente legato ad un ritorno al passato. Per questo motivo la traduzione é del tutto erronea, la Sehnsucht é un sentimento ancora più vago della nostalgia e dunque poeticissimo. É un anelito che ha bisogno di un complemento per essere definito, può essere desiderio di ciò che é stato o di ciò che non é mai stato e che forse potrebbe arrivare. Per Sehnsucht sono partita per la Germania ed in Germania vivo e coltivo un‘italiana Nostalgia (e non nostalgia per l‘Italia!), che é il necessario nutrimento affinché la mia Sehnsucht non cessi mai di palpitare.


Giuseppe BAMBACE

NOTTE

Era una Notte buia e tempestosa. Incipit con cui Snoopy esordisce nei suoi racconti a macchina da scrivere. il romanzo Paul Clifford da cui è tratta la celebre frase, vede il protagonista condurre una doppia vita di criminale e gentiluomo. Proprio questa antitesi è forse la rappresentazione più fedele del fascino che la notte ha da sempre esercitato nell’immaginario dell’uomo. La parola notte deriva dal sanscrito “Nac”, che vuol dire “tempo nel quale sparisce la luce”. Mediamente un terzo della nostra vita, non è banalmente un intervallo da trascorrere per giungere all’alba, è una vita intera, un viaggio di contrapposizioni. La notte è il tempo dedicato al riposo ed al sonno, quiete dagli affanni del giorno, terreno fertile dei sogni. Nel silenzio delle voci e delle strade affiorano i pensieri onesti, le verità rimosse, i rimorsi e le gioie più intime. Ma la notte è buio che alimenta fantasmi e la paura dell’invisibile. È il luogo abitato da emozioni intense, istintive, che esplorano gli abissi dell’animo, finalmente libere dal controllo del super ego. È il paziente scalpellino del nostro intimo, che mette a nudo reperti dell’anima invano sepolti o ricoperti da fragili corazze. A volte la notte è indulgente, attenua, addolcisce, si dimostra terapeuta delle rughe del corpo e delle ferite dello spirito. A volte smarrisce, provoca un senso di isolamento e di solitudine, che riacutizza i turbamenti e le ansie più segrete. Sul cielo di notte regna la luna, musa ispiratrice di speranza; brilla la stella polare, faro guida per naviganti dispersi nei marosi della vita. In contrapposizione sul suolo di notte regnano le tenebre, che richiamano gli incubi più spaventosi, il buio abitato da predatori di ogni razza e da paure ataviche. Lontano dall’inquinamento luminoso, le stelle appaiono come diamanti tra i quali ciascuno crede di individuare quello di sua proprietà esclusiva, come talismano di buona sorte, ma può apparire uno spettacolo che sbalordisce lo sguardo e toglie il respiro, quando la dimensione incommensurabile incute il timore dell’incognito.

Non a caso Gaber cantava che Di notte i pensieri sembrano più grandi. Forse il suo significato più profondo si rivela nelle espressioni della poesia nelle sue forme più diverse.

Notte di luna piena, vestita di sogni incantati e di licantropi

Notte di ferro e fuoco animata di gesti eroici e di imboscate efferate.

Notti magiche inseguendo un goal e piangendo una finale mancata

Notte di San Lorenzo che concede desideri, troppo spesso illusioni.

Notte stellata interrogativo sospeso sul domani

Notte d’amore e notte solitaria, entrambe alimentate da un disperato bisogno di affermazione e tenerezza

Effetto notte dipinta di passioni, ma anche di inganni e ipocrisia

Notte prima degli esami intrisa di progetti e di ansie sul passaggio di età

Certe notti qui, tanto Mario riapre prima o poi, bevanda che offre un brivido incosciente, ma dal sapore malinconico

La notte porta consiglio, il racconto che il giorno ignora appare rivelato e la soluzione a portata di mano.

Notte di Natale, per alcuni momento intimo e sacro di salvezza, per molti mercificazione del dono e di speranza.

La festa di citazioni è ben più ampia, ma la notte è alta ormai, le nostre trasmissioni sono terminate.

Signore e signori BUONANOTTE


Celo

Nel girovagare alla ricerca di N, ho pensato a  nobody, no one, nothing, poi ho virato verso NO, no parking, no smoking, no reason, no decisions, e poi mi sono diretta verso NON, non-fiction, non-profit, non sense, non-violence, ecco non violenza.


La non violenza e il linguaggio Giraffa (M.B.Rosemberg)


Rosemberg esplora la modalità dei rapporti tra le persone nella dinamica del dare e dell’avere e conduce a una profonda riflessione sui nostri comportamenti dettati dal cuore, la giraffa, o dalla testa, lo sciacallo.

L’ideale è quando non si capisce bene chi dà e chi riceve: la mamma che prepara la colazione al figlio e il figlio che sta in sua compagnia; una situazione in cui le persone coinvolte provano piacere nello scambio, ma spesso non è così, per ottenere qualcosa si fa leva sul senso di colpa, il ricatto, la vergogna, e quindi come si può fare per non sentirsi male con se stessi e non far sentire male gli altri?

Rosemberg consiglia di indossare le orecchie da giraffa e sperimentare il linguaggio del cuore.

Impresa difficilissima per chi ha ricevuto l’insegnamento del linguaggio sciacallo!


La giraffa osserva, lo sciacallo giudica.


Chi ragiona da sciacallo pensa in termini di premi e punizioni, chi da giraffa pensa : 

Come stai? Come stiamo? Cosa ti renderebbe la vita più bella? Come possiamo rendere la vita più bella?

Nel linguaggio giraffa parliamo dei nostri sentimenti, delle nostre sensazioni e dei nostri bisogni.

Impariamo a far danzare la giraffa che è in noi e a non fare ululare lo sciacallo che è ugualmente in noi.

Essere giraffa non vuol dire fare tutto quello che ti chiedono, ma essere disponibili ed aperti a intendere i bisogni dell’altro, è non fare confusione tra quello che si osserva e quello che si pensa, è anche cercare di dire all’altro che cosa fa che non ci piace senza insultare.


Giraffa: “ Mi sento in questo modo perché io ...

Sciacallo: “ Mi sento in questo modo perché tu...


La giraffa non pretende, ma chiede in base a un bisogno.

La giraffa dice come sta e che cosa vorrebbe, poi sentirà come sta l’altra persona e che cosa vorrebbe, capite bene che siamo stati educati a tutt’altro e che sembra fantascienza!

Ma non demoralizziamoci, se si è consapevoli che può esserci un’altra via, non violenta, il cammino è iniziato.

 




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