Mia


V  La veranda 

Credevo di non saper raccontare niente che cominci con V, ma ho qui l’immagine della mia prima - e quasi unica- pittura ad olio, di quando avevo 16 anni, che rappresenta la Veranda di Villa Bachi ( e così abbiamo 2 V) dei miei nonni.


Stiamo parlando del 1938. Già stanno arrivando i tempi terribili. Il Duce grida dal balcone, o da Trieste. Per le strade passano carri armati; io non andrò più a scuola, mio padre cerca lavoro altrove. Ma la gioventù vince su tutto: nella veranda c’è un grammofono e i dischi. Lì io ho conosciuto Gershwin e Porgi and Bes. Eravamo un piccolo gruppo di amici sul bordo del precipizio. Ma sul bordo del precipizio si può anche ballare. Lì ho avuto il mio primo bacio. C’era musica nella veranda e noi ballavamo. Lui aveva un biscotto in bocca e me lo passava, di bocca in bocca, quando arrivò zia Ida, la sorella di mia madre, e ci vide abbracciati. Subito ci separammo e solo rimase una amicizia.

Cosa è poi stato di lui? Non lo so. Siamo stati presi nel precipizio. Lui è stato chiamato alle armi ma forse poi ha vissuto la sua vita, o forse è morto in guerra.

Io son stata scaraventata in Sud America, ho studiato, ho lavorato, neppur più ricordo il suo nome.

La veranda esiste ancora, ma per me esiste questa pittura, fatta nello stile di Van Gogh; sullo schermo del mio computer ho la foto della pittura; e una amica che ben conosce Villa Bachi mi ha chiesto l’immagine come ricordo di altri tempi.



B  BORGES - SILVINA 


Mi hai dato la B per Buenos Aires ma non sapevi che ho Jorge Luis Borges in tasca,

e anche Adolfo Bioy Casares. Non parlerò qui dell’opera di Borges ma solo di come l’ho conosciuto. Non son stata sua amica ma solo una conoscente.

Potrei invitarvi a cenare in casa di Bioy con la compagnia di Borges e di Silvina Ocampo, (che non comincia con B ma di lei vi parlerò un’altra volta). Andavamo a cenare da Bioy con una certa frequenza perché mio marito era stato suo compagno di studio alla facoltà di Filosofia e Lettere nella UBA. Riccardo mio marito, avendo fatto la scuola media in Italia, lo aiutava in latino mentre Adolfo faceva credere a suo padre di star calcolando la quantità di mucche che pascolavano nei loro campi.

La casa di Bioy era una mansione nel quartiere della Recoleta, zona elegante della città di Buenos Aires. Borges era ospite abituale delle cene con Adolfo e Silvina, ed era un piacere sentire come i due scrittori si mandavano scherzi l’uno con l’altro. Forse alcuni paesi orientali e immaginari dei loro racconti sono sorti in queste cene. Borges, maggiore di Bioy di parecchi anni, amava Buenos Aires, come tutti l’abbiamo amata, ma diceva che nessuno poteva apprezzarla se non ci viveva. Buenos Aires non aveva monumenti, o palazzi, e a quel tempo ancora non c’era il Fiore o la libreria più bella del mondo. Eppure la stessa Isabel Allende, dal Chile, nominava Buenos Aires come la Parigi americana.

Borges disprezzava il football, non parlava molto di politica ma lo si poteva considerare di destra, ed è per questo che è stato per molti anni il probabile premio Nobel di letteratura senza mai aver avuto il premio.

Non è stato un sostenitore del Governo Militare, ma neppure si è dichiarato contrario. Ricordo uno degli ultimi anni della Dittatura, a caso il 1980, quando tutti si aspettavano che il Nobel di Letteratura di quell’anno fosse per Borges, il premio gli è sfuggito dalle mani, mentre Adolfo Perez Esquivel è stato nominato Premio Nobel della Pace per i suoi sforzi contro la dittatura militare e per i suoi lavori per i Diritti Umani. Ma a quel tempo io già non frequentavo né Borges né Bioy: mio marito era mancato parecchi anni prima.

Del tempo in cui è mancato mio marito ricordo quando mi incontrai con Silvina in un concerto e le dissi che avevo perso il mio compagno padre dei miei figli. La reazione di Silvina fu sincera e sentita: mi domandò di lui, di cosa mi occupavo attualmente e all’uscita dal concerto io la accompagnai fino alla porta della sua casa.

Molto diversa fu la reazione di Borges che ora vi racconterò.

Poco tempo dopo la morte di mio marito vidi Borges per caso, per la strada, accompagnato dalla sua ultima giovanissima moglie Maria Kodama. Già era quasi cieco. Li fermai e mi presentai. Non solo ci ricordava: mi presentó a Maria Kodama come la moglie di un amico d Bioy e io gli dissi della morte del mio compagno sperando sentire una parola di pena, ma la parola non arrivò. Borges, fermo sulla strada di città, mi fece un lungo discorso con parole altisonanti sull’eredità morale e intellettuale che i figli devono mantenere del loro padre. Avevo sperato una parola di conforto da un amico e avevo ricevuto una lezione del maggior scrittore argentino. Da quel giorno non ho più ammirato Borges.




E   Emilia 


Il mio vero nome è Emilia, con E, e potrei raccontarvi la storia di come sono diventata Mia, ma questo lo faró dopo, o un’altra volta. Ora vi parlerò di un’altra Emilia, la mia compagna di banco durante tutta la mia scuola secondaria e superiore. Il racconto è di alcuni anni fa, sei o sette anni, quando ancora viaggiavo frequentemente fra l’Argentina e l’Italia, e quí comincia il vero racconto.

LA COMPAGNA DI BANCO.

Emilia Granzotto - Emilia come me - era la prima della classe, traduceva perfettamente qualunque testo latino, i suoi componimenti erano ottimi, voleva diventare una gran giornalista, e dichiarava – a quei tempi – che non sarebbe mai stata una buona moglie ma sí, una buona amante. Emilia Granzotto era fascista, come erano quasi tutti a quell’epoca, ed era la mia compagna di banco. Io mi domandavo perché sceglieva sempre me come sua compagna, a me che non piaceva studiare, che non sapevo coniugare i verbi latini, che scarabocchiavo sui quaderni e per di più non gridavo “Viva il Duce”. Ancora oggi me lo domando.

La vita, la politica, la guerra, l’oceano e il tempo ci hanno separato.

Ora siamo alcuni anni fa, quando ancora viaggiavo verso l’Italia per poi tornare in Argentina. Sono nella mia stanza facendo un po’ d’ordine fra carte, vecchi quaderni, disegni per libri che non si son stampati, buste di lettere dimenticate. Mi cade fra le mani una piccola fotografia in bianco e nero di una ragazza non specialmente bella ma di occhi brillanti, con un berretto piegato sui capelli, come si usava a quel tempo. Giro la foto e leggo la dedica scritta con penna: “PERCHÈ TI RICORDI DI ME QUANDO TU SIA LONTANA SULL’ALTRA SPONDA DELL’OCEANO” Non c’è firma ma io ben conosco chi l’ha scritto: è Emilia Granzotto, la mia compagna di banco fino all’ultimo giorno del liceo. Mi domando perché non ricordo di aver visto questa foto in tanti anni, e neppure ricordo quando e dove me l’ha data. E ora mi domando cosa sarà di lei ora? Sarà stata una gran scrittrice sui più noti giornali? Si sarà sposata o sarà l’amante di un personaggio importante? Ma oggi abbiamo modo di rintracciare le persone: abbiamo Google.

Corro al computer e scrivo il suo nome. Ho immediatamente un risultato: decine di file e perfino immagini.

Nata a Bologna, Laureata in Lettere moderne, professione Giornalista. Interviste a personaggi importanti. Ha scritto un libro: “Caterina da Siena. Umile e sapiente vergine domenicana” Edizione San Paolo,” Non trovo il suo indirizzo, la sua Mail o il suo cellulare. Ma posso scrivere alla casa editrice che ha pubblicato il suo libro. Ne trovo facilmente la Mail e già scrivo una domanda:”Come posso avere un contatto con E. Granzotto, mia ex compagna di scuola?”

Ho aspettato una risposta fino al giorno in cui ho preso il volo verso l’Italia, e la risposta non è arrivata. Ma in Italia avrò bene il modo di trovarla.

Sono ora a Milano, ospite di un cugino e gli racconto della mia ricerca frustrata; ma lui, uomo di mondo, mi dice: “ Certo che non ti hanno risposto: c’è modo e modo di domandarlo.” E lui stesso mi aiuta a scrivere un novo messaggio dove, a parte del mio nome e cognome, si nominano tutti i titoli universitari e riferimenti possibili, nonché i ringraziamenti anticipati per la loro gentile risposta. E in meno di 24 ore ricevo la risposta.

“ Ci spiace doverle informare che la persona che lei cerca è deceduta un mese fa.”

Nessuno mi potrà togliere dalla mente che, quando mi sono trovata la sua fotografia fra le mani, la mia compagna di banco mi stava mandando un ultimo saluto.

Ho poi parlato con Fiorella, altra ex compagna di scuola, e le ho domandato se lei aveva avuto contatto con Emilia Granzotto in tutti questi anni, e lei mi ha risposto che aveva saputo che Emilia Granzotto viveva ultimamente a Roma con un conosciuto giornalista.

Aveva avuto la vita che aveva desiderato.



L   Laura 


Laura è un buon nome di donna che comincia con L.

Laura era mia sorella, maggiore di me di quasi sette anni; e io, nascendo, le avevo usurpato il posto della più piccola, sotto il fratello maggiore di due anni. Così Laura è rimasta per sempre la figlia del mezzo, la più brava a scuola, forse la meno artista e la più ammiratrice delle opere del nostro padre matematico. Ma ora, in questo mio ricordo, sono passati 35 anni e siamo a Panama, con il canale ancora -fino all’anno 2000- proprietà nordamericana. Stavamo a Panama da quasi 5 anni: mio marito all’Università e io giovane madre di un bambino e una bambina, nati ambedue a Panama.

Nessun parente o amico era ancora venuto a trovarci fino allora ma finalmente avrei avuto una cara visita: mia sorella Laura, in volo da Buenos Aires dove io ho vissuto, ho studiato e ho amato.

Laura è venuta ed è rimasta con noi più di un mese nella casa che affittavamo con giardino e parco. Era una buona fotografa ed è arrivata con un’ottima macchina Fotografica -con F- che, come tutte a quel tempo, faceva foto solo in bianco e nero.

Uscivamo verso il canale, e Laura ci fotografava a noi e al paesaggio. Andavamo alla spiaggia e lei fotografava le onde e le rocce. I bambini si mettevano nell’acqua e Laura li fotografava. Traversavamo il bosco con il nostro auto e Laura fotografava gli enormi alberi e il piccolo auto. I bambini giocavano nel prato e Laura fotografava i bambini e gli insetti della terra. Ogni bambino aveva il suo giocattolo preferito e Laura fotografava il bimbo con il suo giocattolo. Cosí fotografia su fotografia si raccolse il paesaggio di Panama, la storia delle passeggiate, la vita in casa e fuori, e, specialmente, i bambini nei loro giochi e nelle loro storie. E così si è fatto un libro, cioè un album, pieno di ricordi. Il libro c’è ancora e racconta, a chi lo guarda, la storia della visita di una zia, in un paese lontano e in un tempo ormai passato.




M   MEDITAZIONE


Sono davanti al mio computer. Lo schermo - o Monitor - della mia Mac mi presenta

un enorme lago azzurro, per me con tanti ricordi. E’ l’ora per fare un po’ di Meditazione.

Sento il suono dell’acqua, piccole onde che si sciolgono sulle pietre grigie e tornano strisciando lentamente, trasparenti, immergendosi nel lago azzurro. Una pietra più grande è rimasta brillante ancora per l’acqua dell’onda che si ripete regolarmente, seguendo il ritmo del mio respiro. Questa nuova ondata si è infranta di nuovo come le altre e come le altre se n’è andata, ma ha lasciato un castello sulla pietra brillante. Castello in miniatura, con una torre altissima, come un campanile, tre volte più alta del corpo del castello. Castello gotico, romantico, lavoratissimo, con alte vetrate e sottili colonne con capitelli istoriati e decorazioni florali. Mi pare di vedere due piccoli personaggi - forse un uomo e una donna - che corrono, saltano, scivolano, ballano, seguendo il ritmo del movimento delle onde, ma il castello va scomparendo, inghiottito dall’acqua azzurra, sempre più scura, fino al fondo, dove diventa una striscia orizzontale di un blu più scuro. E dietro alla linea dell’orizzonte sorgono, lontane, le montagne: la lunga catena delle montagne della Patagonia, alte e scure, coronate di bianco, bianco di neve purissima, di ghiaccio lucente e trasparente, sul cielo celeste senza nubi.

Io sono ancora sulla spiaggia, seduta fra le piccole pietre grigie che sono state qui da secoli, spinte dal respiro del lago. Quí posso ripetere il mio Mantra: Shamah, Shamah. Le onde del lago e le montagne azzurre coronate di bianco lo ripetono con me. Apro gli occhi.

Sullo schermo del mio computer le piccole onde del lago azzurro; le pietre arrotondate della sponda; sull’orizzonte le montagne blu della Patagonia coronate di neve bianca,


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