Federico

  

A – Zoto

(Zacinto Junior)

Com’è noto, il Foscolo scrisse A Zacinto; io, più modestamente, ho scritto A

Zoto.


Tu 6 l’ Azoto

Tu sei un gaz

Tu non fai mai niente

Te ne stai tutto il giorno

Con il naso in aria

A guardare l’aria

Ed a fare aria

O mio Azoto

Con gli altri gas ti combini

E a noi, cosa mai combini?

Nitriti, nitrati, tu ci riempi di latrati

Ma noi siamo già abbastanza inquinati!

Con l’ Ossigeno fai il gradasso

Quando per l’aria andate a spasso

Senza l’aria non viviamo

Perciò Azoto io ti amo.


QUANTO PUO' ESSERE DIFFICILE DESCRIVERE UN QUADRO

Quando un artista crea la sua opera cerca di comunicare qualcosa a chi ne usufruirà. Non sempre però l’interpretazione che ne può dare il fruitore coincide con quello che l’autore intendeva comunicare. Se questo è valido per tutte le opere d’arte, lo è in maggiore misura per le sculture e i dipinti.
In particolare, l’enorme quadro che sovrasta l’altare maggiore della Chiesa di S. Giorgio ha sempre destato pareri vivacemente contrastanti fra i parrocchiani. Senza entrare nel giudizio sulla bellezza o bruttezza del dipinto, vorrei provare a darne un significato del tutto soggettivo, come se lo vedessi per la prima volta e senza averne ricevuto spiegazioni.
Sul lato destro si nota una imponente colonna istoriata con scene di combattimento; potrei vederci una metafora della storia umana, costellata dalle lotte di alcuni uomini per sopraffarne altri. Partendo dal basso i combattenti sono numerosi, ad ogni anello diventano sempre di meno fino alla sommità dove l’ultimo superstite festeggia la vittoria in compagnia ... del suo cavallo.
Intorno alla base della colonna, altre fra le più discutibili caratteristiche della natura umana:
- La malignità. Un brigante idrocefalo dallo sguardo truce, che complotta nell’ombra chissà quali misfatti sfregandosi voluttuosamente le mani.
- La menzogna. Il Principe Azzurro sul suo cavallo bianco, raffigurato di spalle, quasi si vergognasse della sua condizione di essere fantastico e inesistente, ci ricorda che fin da bambini siamo stati abituati alle distorsioni della verità.
- Il menefreghismo. Un giovane alto e biondo che nonostante si trovi tra un drappello di soldati e la memoria storica di tutte le guerre, suona una conga (se qualcuno mi vuole raccontare che quello è uno scudo, significa che non ha idea di come sia fatto uno scudo né tanto meno un tamburo africano).
- L’ipocrisia. Un Papa gay! Sul fatto che sia un Papa non ci sono dubbi: la mitria, l’anello e il bastone sono segni inequivocabili, ma la tonaca anziché bianca è di un rosa pallido che induce subito a pensare ai movimenti gay. Per non parlare del soldato in minigonna che lo affianca. Personalmente non ritengo l’omosessualità in se stessa una cosa da condannare; in quanto esistente in natura, anch’essa è parte del creato, ma viene qui utilizzata per simboleggiare i dissoluti eccessi e le nascoste devianze di alcuni potenti.
- Gli intrighi politici. Quello strano Papa si trova a capo di un’armata di Lanzichenecchi. Perché proprio Lanzichenecchi? Per via delle lanze puntute e dell’elmetto di tipica foggia germanica.
Fortunatamente, in mezzo a tutte le brutture di questa società, si intravede ancora la purezza: in primo piano un fraticello, che la prospettiva fa apparire piccolo piccolo e che pare trovarsi a passare di lì per caso, in punta di piedi e senza curarsi di nessuno, ci dimostra che anche in mezzo ai peggiori guai, l’umiltà, la fede e la semplicità ci possono aiutare a percorrere la nostra via senza essere intaccati dalle malvagità del mondo.
A qualcuno questa interpretazione potrebbe sembrare blasfema, ma in fondo ha una sua morale abbastanza semplice: dovremmo comportarci tutti come quel frate.



LETTERA Z


Fin da quando ho cominciato a conoscere le lettere dell'alfabeto, mi ha incuriosito la scritta “GAZ” stampigliata sui muri delle vecchie case
d'anteguerra. Infatti a casa mia il fluido infiammabile che si usava per scaldare l'acqua e per cucinare, si chiamava “GAS”, con la S. In seguito scoprii che anche la gazosa si poteva scrivere indifferentemente con la S semplice, con la Z semplice, o con entrambe doppie, nonostante il termine più usato nel linguaggio scritto sia “gassosa” con la doppia esse. Più avanti imparai anche che i francesi il gas lo scrivono tuttora con la Z, modo per noi desueto, e che la gazosa la chiamano, come in piemontese, “gazeuse”. Questo per il fatto che sia la S che la Z sono consonanti che si possono pronunciare in maniera sonora, quando vengono dette facendo vibrare le corde vocali, oppure sorda, facendo uscire l'aria senza metterle in vibrazione. I vari vocabolari classificano il termine GAZ come arcaico. A me nonostante tutto piace la pronuncia piùantica, quella con la zeta “dura”, quindi preferisco dire gaZ.



Il Ron-zio

Il fratello del padre di Rosalino Cellamare

Si chiamava Leo Fender, e costruiva amplificatori per chitarra

Che però se non c’era la chitarra attaccata, ronzavano.

Allora prese il nipote, lo chiamò Ron

E gli diede in mano una chitarra...

...E una città per cantare.



ESITARE

Esitare è una parola che può avere diversi significati.
Principalmente indica una incertezza, un tentennamento davanti a qualcosa, ad un problema o a un'azione da compiere, ed è quella sensazione che conosco molto bene per colpa del mio carattere.
Però esitare viene da esito, che in medicina, a scuola e in altri campi significa risoluzione, risultato finale di un esame, una operazione. Quindi un significato esattamente opposto al primo; da una irresoluta perplessità ad una certezza di risultato.
Nel linguaggio commerciale, esitare significa vendere, spacciare. Sebbene sia una forma abbastanza desueta, esitare per un negozio significa smerciare.
Ancora meno conosciuto forse, il termine “angolo di esitazione”, che in acustica è l'angolo di percezione soggettivo della provenienza di un suono.
Ma per me, come per la maggior parte delle persone, esitare significa innanzi tutto non essere abbastanza sicuri di sé, o non osarsi a fare qualcosa.
E questo mi ha sempre creato dei problemi. Un tempo esitavo per paura, timidezza, timore di fare brutte figure, di essere troppo sfacciato, o invadente.
Ad un certo punto capii che senza buttarmi di slancio non sarei riuscito a fare nulla. Non che abbia risolto tutti i problemi, anzi, ho collezionato le mie figuracce. Ma almeno non sono rimasto all'angolo e sono riuscito a vincere in parte le mie esitazioni, ottenendo più considerazione da parte degli altri e una migliore autostima.

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